Descrizione
Numerose sono le ipotesi formulate dagli studiosi sull'origine del nome. Fra queste ricordiamo: da Solaium, corrispettivo pagato per l'affitto del territorio da parte di alcuni coloni che, in epoca romana, lo avevano ricevuto da Quargnento; Solium, sarcofago; Solum, suolo; Solor, ristorare.
Quest'ipotesi ci riporta alla collocazione di Solero sulla via che da Derthona, attraverso Forum Fulvii, conduceva ad Hasta, facendone un luogo di sosta e di ristoro ad animali.
Recenti ritrovamenti archeologici hanno rilevato, nei pressi della cascina Urbana, poco ad ovest dell'attuale abitato di Solero, la presenza di insediamenti risalenti all'età del rame (3400-2200 a.C.) ed all’età del Bronzo (2200-900 a.C.). L’ingente quantità di ceramica rinvenuta in questa località, risalente all’età del Bronzo recente (1300-1150 a.C.) ha contribuito a definire un ambito culturale denominato “facies Alba-Solero”.
Nel periodo della dominazione romana lungo la viabilità che, attraversato il Tanaro in corrispondenza di Forum Fulvii, si dirigeva verso Asti e verso Quargnento-Vimercate (Occimiano), si registra una presenza diffusa costituita da fattorie ed edifici rurali sparsi, nonché da nuclei minori.
In epoca longobarda si ipotizza, senza riscontri documentali, che una famiglia longobarda si sia insediata su una piccola altura, che successivamente venne fortificata, situata nei pressi del villaggio romano.
All'epoca dei Franchi il territorio di Solero venne concesso in feudo all'abbazia di Grande San Martino di Tours i cui canonici, nel X secolo, per sfuggire alle razzie dei Normanni, portarono a Solero le reliquie di S. Perpetuo, successore di S. Martino come Vescovo di Tours, che da allora sono conservate nella chiesa parrocchiale, a questo Santo appunto intitolata.
L'altro Santo molto venerato dai Solerini è San Bruno, che risulta nato a Solero nel 1048.
Nel XII secolo, probabilmente, avviene il massiccio trasferimento della popolazione dalla “villa vecchia”, troppo esposta alle inondazioni del Tanaro alla “villa forte” costruita attorno alla piccola altura, nel frattempo fortificata, ed ancora oggi denominata “an sal casté”.
Solero partecipa alla fondazione di Alessandria, e da allora ne segue storia e vicissitudini.
Il paese viene più volte distrutto dai vari eserciti di passaggio ad iniziare da quello di Federico Barbarossa, fino all'inizio del Settecento quando passa sotto ai Savoia.
Per lunghi anni fu feudo della nobile famiglia dei Guasco, che possedeva i suoi palazzi nel quartiere Alessandria di Borgoglio prima di far costruire l'attuale Palazzo Guasco dopo che Borgoglio fu demolito per far posto alla Cittadella, mentre a Solero costruì ed ampliò nel tempo l'ancora esistente castello.
Con l'estinguersi della discendenza maschile del ramo principale dei Guasco di Solero il feudo passa ai Guasco di Mezzano, la cui dimora a Mezzano è tutt'ora esistente, mentre il Castello passa ai Faà di Bruno in seguito al matrimonio con la figlia dell'ultimo marchese Guasco.
La storia recente di Solero è quella del Regno di Sardegna e poi dell'Italia Unita.
Abannio R. Annali di Solero dal 773 al 1870 conservati in Municipio.
Ghilini G., Annali di Alessandria 1903
Gualerzi G., “Carlo Guasco tenore romantico fra mito e realtà”, Alessandria 1976
Il castello Faa di Bruno, Comuni di Solero e Cassa di Risparmio di Alessandria 1980
Romagnoli C., Solero, Vita quotidiana nei secoli Alessandria 1987
Garbarino G.B. e Venturino M. Solero e la sponda sinistra del Tanaro tra preistoria e tarda antichità 2023
Dialetto
Suliare.it, sito realizzato quasi interamente in dialetto solerino nell’intento di dare dignità di lingua ad una parlata singolare, espressiva, efficace e persino curiosa, con i suoi dittonghi e trittonghi per lo più estranei alle altre parlate del circondario. Come abbia potuto formarsi nei secoli, con i suoi casi, le sue declinazioni e coniugazioni sulle labbra di persone senza alcuna istruzione e persino analfabete resta sempre un mistero. Ovvio che questo vale anche per le altre, ma la solerina ha qualcosa di più, è diversa da tutte, è unica. ”Cil” e “Cila”, ad esempio, non li conosce nessuno, “Chil” e “Chila”, le altre, “Li” e “Le”, magari, ma come noi nessuno. La scommessa è portarla su carta, è trovare la forma corretta di interpretare e distinguere suoni e parole che uniti hanno un senso compiuto ma separati rischiano di perderlo. Su questo punto è auspicabile uno sforzo comune, risultando prezioso il suggerimento di tutti, in particolare di quelli che hanno avuto l’avventura di nascerci dentro e di non articolare altro suono fino al tempo dell’asilo o delle elementari. L’esperimento non è cosa di oggi e ci sono fulgidi esempi di prosa e poesia dialettale in torinese, in genovese, in milanese, in veneziano, in romanesco, per tacere di altri, e forse per i piccoli paesi è più difficile e bisognerebbe chiamarsi Cesare Zavattini per elevare a dignità di stampa il luzzarese; ma senza guardare così in alto o voler competere, chissà che anche al solerino possa essere riconosciuta una possibile esistenza. Il sito si articola su quattro sezioni, la prima dedicata al “come eravamo”, vita e personaggi passati, noti e meno noti; la seconda dedicata all’oggi, interrogativi ed inquietudini, la terza dedicata alle facezie e la quarta alle caratteristiche e curiosità del dialetto. Specie in quest’ultima sezione il discorso risulta necessariamente interrotto e aperto alla collaborazione di tutti. Passa di certo da questa collaborazione la strada per vincere la scommessa.
Suliare.it l’è quaze tit an dialet, ant l’ idiaja ‘d dai ‘na dignità an parlà ch’l’è difareint da tic e ch’l’è ‘n dalmage ch’us perda poch per vota an co’ ‘l pasà d’u teimp e l’istrusió ‘d la geint. L’è ‘n patrimone ch’u riva da luntá e ch’al va tnì da cont, chirà e neint lasà caze cme la turta ‘ns l’is. U i’è quatar sesió: Squindrìa, Ancuai, Lucheire e Curiuzità. Ant “Squindrìa” u’i’è Sulìare ‘d na vota, viceinde e persunage vist da ‘n scaraboc d’anlur e ‘d sighir l’è poca roba rispet a cul ch’ui manca, ma l’è prempusibo pudij fa difareint. Ui va che tanc ch’is antereso, ch’i vojo di la sua, ch’i quinto ch’ul ch’is vizo, e ‘nlur sì ch’la cambìa e ch’ us fa queicoz ‘d bó. “Ancuai” al va ‘n poch per su cont e d’al paiz l’ha neint, gista ‘l parlà e ‘l futugrafie, ma ‘l var seimpr u discurs: chi ch’vua ch’u diga duai. “Luchèire” u i’è da rìe, forse, e fina da cantà, l’è la sesió pi ‘lgìara, al post d’al nuvitaje. “Curiuzità” l’è ‘nvece pi dificila, e qui pi che dadlá u i’è d’amstìa ‘d la geint ch’la diga cul ch’ui smìa, ch’a poso ‘unin a jina ant u scrive ‘st parlà seinsa pastis, s’un anteresa. Se sì domse da fa e ch’ui cminsa ‘st aventira.
Quest'ipotesi ci riporta alla collocazione di Solero sulla via che da Derthona, attraverso Forum Fulvii, conduceva ad Hasta, facendone un luogo di sosta e di ristoro ad animali.
Recenti ritrovamenti archeologici hanno rilevato, nei pressi della cascina Urbana, poco ad ovest dell'attuale abitato di Solero, la presenza di insediamenti risalenti all'età del rame (3400-2200 a.C.) ed all’età del Bronzo (2200-900 a.C.). L’ingente quantità di ceramica rinvenuta in questa località, risalente all’età del Bronzo recente (1300-1150 a.C.) ha contribuito a definire un ambito culturale denominato “facies Alba-Solero”.
Nel periodo della dominazione romana lungo la viabilità che, attraversato il Tanaro in corrispondenza di Forum Fulvii, si dirigeva verso Asti e verso Quargnento-Vimercate (Occimiano), si registra una presenza diffusa costituita da fattorie ed edifici rurali sparsi, nonché da nuclei minori.
In epoca longobarda si ipotizza, senza riscontri documentali, che una famiglia longobarda si sia insediata su una piccola altura, che successivamente venne fortificata, situata nei pressi del villaggio romano.
All'epoca dei Franchi il territorio di Solero venne concesso in feudo all'abbazia di Grande San Martino di Tours i cui canonici, nel X secolo, per sfuggire alle razzie dei Normanni, portarono a Solero le reliquie di S. Perpetuo, successore di S. Martino come Vescovo di Tours, che da allora sono conservate nella chiesa parrocchiale, a questo Santo appunto intitolata.
L'altro Santo molto venerato dai Solerini è San Bruno, che risulta nato a Solero nel 1048.
Nel XII secolo, probabilmente, avviene il massiccio trasferimento della popolazione dalla “villa vecchia”, troppo esposta alle inondazioni del Tanaro alla “villa forte” costruita attorno alla piccola altura, nel frattempo fortificata, ed ancora oggi denominata “an sal casté”.
Solero partecipa alla fondazione di Alessandria, e da allora ne segue storia e vicissitudini.
Il paese viene più volte distrutto dai vari eserciti di passaggio ad iniziare da quello di Federico Barbarossa, fino all'inizio del Settecento quando passa sotto ai Savoia.
Per lunghi anni fu feudo della nobile famiglia dei Guasco, che possedeva i suoi palazzi nel quartiere Alessandria di Borgoglio prima di far costruire l'attuale Palazzo Guasco dopo che Borgoglio fu demolito per far posto alla Cittadella, mentre a Solero costruì ed ampliò nel tempo l'ancora esistente castello.
Con l'estinguersi della discendenza maschile del ramo principale dei Guasco di Solero il feudo passa ai Guasco di Mezzano, la cui dimora a Mezzano è tutt'ora esistente, mentre il Castello passa ai Faà di Bruno in seguito al matrimonio con la figlia dell'ultimo marchese Guasco.
La storia recente di Solero è quella del Regno di Sardegna e poi dell'Italia Unita.
Abannio R. Annali di Solero dal 773 al 1870 conservati in Municipio.
Ghilini G., Annali di Alessandria 1903
Gualerzi G., “Carlo Guasco tenore romantico fra mito e realtà”, Alessandria 1976
Il castello Faa di Bruno, Comuni di Solero e Cassa di Risparmio di Alessandria 1980
Romagnoli C., Solero, Vita quotidiana nei secoli Alessandria 1987
Garbarino G.B. e Venturino M. Solero e la sponda sinistra del Tanaro tra preistoria e tarda antichità 2023
Dialetto
Suliare.it, sito realizzato quasi interamente in dialetto solerino nell’intento di dare dignità di lingua ad una parlata singolare, espressiva, efficace e persino curiosa, con i suoi dittonghi e trittonghi per lo più estranei alle altre parlate del circondario. Come abbia potuto formarsi nei secoli, con i suoi casi, le sue declinazioni e coniugazioni sulle labbra di persone senza alcuna istruzione e persino analfabete resta sempre un mistero. Ovvio che questo vale anche per le altre, ma la solerina ha qualcosa di più, è diversa da tutte, è unica. ”Cil” e “Cila”, ad esempio, non li conosce nessuno, “Chil” e “Chila”, le altre, “Li” e “Le”, magari, ma come noi nessuno. La scommessa è portarla su carta, è trovare la forma corretta di interpretare e distinguere suoni e parole che uniti hanno un senso compiuto ma separati rischiano di perderlo. Su questo punto è auspicabile uno sforzo comune, risultando prezioso il suggerimento di tutti, in particolare di quelli che hanno avuto l’avventura di nascerci dentro e di non articolare altro suono fino al tempo dell’asilo o delle elementari. L’esperimento non è cosa di oggi e ci sono fulgidi esempi di prosa e poesia dialettale in torinese, in genovese, in milanese, in veneziano, in romanesco, per tacere di altri, e forse per i piccoli paesi è più difficile e bisognerebbe chiamarsi Cesare Zavattini per elevare a dignità di stampa il luzzarese; ma senza guardare così in alto o voler competere, chissà che anche al solerino possa essere riconosciuta una possibile esistenza. Il sito si articola su quattro sezioni, la prima dedicata al “come eravamo”, vita e personaggi passati, noti e meno noti; la seconda dedicata all’oggi, interrogativi ed inquietudini, la terza dedicata alle facezie e la quarta alle caratteristiche e curiosità del dialetto. Specie in quest’ultima sezione il discorso risulta necessariamente interrotto e aperto alla collaborazione di tutti. Passa di certo da questa collaborazione la strada per vincere la scommessa.
Suliare.it l’è quaze tit an dialet, ant l’ idiaja ‘d dai ‘na dignità an parlà ch’l’è difareint da tic e ch’l’è ‘n dalmage ch’us perda poch per vota an co’ ‘l pasà d’u teimp e l’istrusió ‘d la geint. L’è ‘n patrimone ch’u riva da luntá e ch’al va tnì da cont, chirà e neint lasà caze cme la turta ‘ns l’is. U i’è quatar sesió: Squindrìa, Ancuai, Lucheire e Curiuzità. Ant “Squindrìa” u’i’è Sulìare ‘d na vota, viceinde e persunage vist da ‘n scaraboc d’anlur e ‘d sighir l’è poca roba rispet a cul ch’ui manca, ma l’è prempusibo pudij fa difareint. Ui va che tanc ch’is antereso, ch’i vojo di la sua, ch’i quinto ch’ul ch’is vizo, e ‘nlur sì ch’la cambìa e ch’ us fa queicoz ‘d bó. “Ancuai” al va ‘n poch per su cont e d’al paiz l’ha neint, gista ‘l parlà e ‘l futugrafie, ma ‘l var seimpr u discurs: chi ch’vua ch’u diga duai. “Luchèire” u i’è da rìe, forse, e fina da cantà, l’è la sesió pi ‘lgìara, al post d’al nuvitaje. “Curiuzità” l’è ‘nvece pi dificila, e qui pi che dadlá u i’è d’amstìa ‘d la geint ch’la diga cul ch’ui smìa, ch’a poso ‘unin a jina ant u scrive ‘st parlà seinsa pastis, s’un anteresa. Se sì domse da fa e ch’ui cminsa ‘st aventira.